Il mio interesse per la lingua inglese è nato presto ma ci ha messo un bel po’ per diventare amore.

Adesso ti racconto.

Ho 7, forse 8 anni, e mia sorella partecipa ad uno scambio interculturale Italia – Francia: avremmo ospitato una ragazza francese a casa nostra e poi mia sorella sarebbe partita per un mese. 
Poco ricordo della ragazza, se non il fatto che era “diversa” – lingua e look completamente diversi dal “normale”, detentrice e custode di un silver lipstick (rossetto argentato). 
Mettici anche il mio precocissimo interesse per il makeup e immagina il livelli di entusiasmo di una bambina che scopre tante cose – che ama ed amerà -  tutte insieme.

Mia sorella e Audrey comunicano alla grandissima, con un inglese italianizzato e francesizzato. 
Io faccio finta di snobbarle – forse per vergogna? -  ma interiorizzo qualcosa che sarebbe sbocciato molto dopo: le lingue connettono. A prescindere da padronanza linguistica e nazionalità.

Parte mia sorella – drama! - torna. Mi porta dei carinissimi gifts che tuttora possiedo ed ogni volta che abbiamo ospiti a casa scatta la domanda:
- “ma come hai fatto con la lingua?”
- “ma parlavano italiano lì?”
- “io non me la sentirei proprio… che figura!!!”
E mia sorella con nonchalance zittisce sempre tutti “una volta lì non hai scelta, e poi ad un certo punto  ti viene naturale”. 
Nuova interiorizzazione: bisogna buttarsi.

Time gap, ma pieno di musica straniera.
Mia sorella che “parla strano ogni tanto”, mio fratello che ci si mette pure lui con film e le “compileshion” di artisti stranieri, ed arriviamo alla scuola media. Non sono proprio una studentessa modello eppure, tra le varie seccature, le ore di inglese sono stimolanti, partecipo con piacere, studio e capisco profondamente concetti anche difficili, ma che la prof spiega con una facilità disarmante. 
Dell’inglese apprezzo subito l’essere un po’ più “asciutto” rispetto all’italiano – anche se scoprirò che non è esattamente così.

Lo realizzo solo dopo il primo anno di scuole medie: ciò che non mi faceva scocciare delle ore di “lingua straniera” era il canale utilizzato, il tipo di comunicazione, la sicurezza, le varie e diversificate chiavi che la prof offriva di volta in volta ad ognuno di noi per lasciare il suo segno. 
Non è mica un caso se l’essenza della parola “insegnare” (passando dal latino tardo “insignare”, composto da in- e signare) è “incidere, imprimere dei segni” nella mente. 

È ancora presto per parlare delle mie aspirazioni della vita, ma interiorizzo qualcosa anche qui: il canale o la persona giusta fanno la differenza.

Scelgo di proseguire il liceo prendendo l’indirizzo scientifico – God knows why – l’incubo. 

Ma il mio interesse per l'inglese, in qualche modo, riesce ancora a farsi strada: mi piace leggere sui siti stranieri, frequentare blog e chatroom. 
Posso avere accesso ad una cultura diversa e nuova ai miei occhi, e lo posso fare attraverso la lingua! No,non la posso lasciare andare! Capisco ancora una cosa: l’inglese serve.

Avevo capito che la cultura “inglese” (americana, australiana, britannica, canadese? Boh), non è solo diversa a quella cui ero abituata, ma soprattutto   fornisce la possibilità potenzialmente infinita di connettersi con le persone da qualsiasi parte del mondo.

Il mio percorso personale e di studi, le influenze e gli spunti di persone che mi sono state accanto, ed il mio slancio verso le lingue, mi portano a coronare questo percorso con la laurea in lingue. 
Studio inglese e francese in un percorso che include anche comunicazione interculturale, molto utile per quello che avrei fatto negli anni a seguire. Mi laureo, voto molto alto ma che non “fa figo” – 104 – e inizio a credere di aver raggiunto un ottimo livello. 

- Cacchio, c’hai pure la laurea! E pensavo fosse sufficiente...

Ma mi sbagliavo.

Solo quando inizio a viaggiare Capisco quanto potere ti dà parlare in modo sicuro e completo una lingua come l'inglese. 
Non ho solo vagabondato, giuro.

Sono stata rappresentante dell'Italia in Europa – senza pasta si vive benino ma ogni tanto ho rappresentato anche quella – in progetti chiamati “training course”. In particolare ho partecipato a progetti su attualità, imprenditoria giovanile, ambiente, sviluppo personale, comunicazione emotiva, insegnamento, educazione non formale, musica per comunicare, teatro esperienziale, riciclo e riutilizzo di materiali.

Ho viaggiato in Inghilterra, Turchia, Georgia, nei Balcani, Grecia, Spagna, Francia e in altri – più o meno meravigliosi - posti.

In questo modo ho conosciuto centinaia di altre persone provenienti da moltissimi paesi. E, sì, si parlava inglese per tutto il tempo, tutti con un accento, un utilizzo, un'attitudine diversa, ma tutti connessi grazie all'inglese. New lesson learnt: avere accento e pronuncia TOP è bello ma la comunicazione resta il punto focale e non bisogna impantanarsi nel “fino a quando non pronuncio come un native non parlo”. E’ una trappola.

Potevo creare legami e relazioni in una delle lingue più parlate al mondo.

Di ritorno da queste esperienze che hanno cambiato la mia vita, decido di insegnare inglese. Inizio come docente per una nota agenzia di alta formazione professionale. Insegno anche francese cercando di non far trapelare la mia preferenza...

Insegno in quella realtà  per 3 anni, dove seguo oltre 25 classi con studenti sia italiani che internazionali. Studenti che dovevano imparare da zero la lingua inglese, altri che dovevano perfezionarla.

Ho costruito un'esperienza concreta sul campo, tenendo corsi sia di inglese generale che settoriale, arrivando ad insegnare anche l'inglese di diversi settori (imprenditoria, cucina, hospitality, design, moda, beauty e molto altro) in aziende ed agenzie, in presenza ed online.

Durante quegli anni sono stata felice di aiutare centinaia di persone a migliorare se stesse ed il loro inglese. Così ho deciso di portare l'insegnamento dell'inglese a un livello successivo, creando un metodo innovativo, perfezionato grazie all'esperienza che avevo raccolto sul campo, ma fondato soprattutto sulle mie interiorizzazioni:

  • Le lingue connettono.
  • Bisogna buttarsi. 
  • Il canale e la persona giusta fanno la differenza.
  • L’inglese serve davvero.
  • Non bisogna impantanarsi nel “fino a quando non pronuncio come un native non parlo”.

Studio e creo un nuovo modo che permette alle persone di imparare un inglese efficace e di parlarlo e capirlo con sicurezza. Basato sulle proprie doti naturali, sul punto di partenza e sull'obiettivo da raggiungere.

Un metodo che fornisce

  • basi solide
  • metodi di ricerca 
  • le chiavi giuste per addentrarsi nella lingua

ed ottenere risultati reali e concreti già nelle prime settimane di applicazione, rendendoti autonomo ed indipendente durante e soprattutto dopo il percorso di studio con me.

Ho chiamato il mio metodo Search, come ricerca, perché ti permetterà di essere efficace in qualsiasi approccio avrai con l’inglese, anche dopo il nostro percorso insieme. 

Sea anche come mare, per la sua vastità” – detto da uno dei miei studenti, quando ha realizzato che l’inglese – come tutte le altre lingue – sono praticamente infinite, vaste, ampie. E che sono belle come il mare

Nello specifico, ho chiamato il mio metodo Search perché comprende:

S: speaking sarà l’ago della nostra bilancia. Cureremo anche la pronuncia.
R: come reading, per imparare a leggere e soprattutto comprendere anche criticamente un testo. Da qui passeremo anche dalla scrittura.
C: communicate, all'imperativo! Per collegarti all'altro in una lingua che non è la tua, avendo quindi rispetto di diversità (registro, formalità). Utilizzeremo esercitazioni di listening per allenare l’orecchio.

Con il mio metodo,  più di 250 studenti hanno già migliorato il loro livello di inglese, imparando un inglese efficace. Diventando capaci di capirlo e parlarlo con sicurezza. Tutto questo senza anni e anni di studio continuo. Bensì ottenendo risultati reali e concreti già nelle prime settimane di applicazione.

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